Amico e nemico
(Cantare di Lancillotto e Tristano)
È nella stagione dei rami fioriti che i nobili cavalieri in cerca di avventura salgono sui loro destrieri e vanno in cerca di giostre in tutti i paesi della pianura. Io sono qui per raccontarvi dei migliori tra loro, quelli di Re Artù; vi dirò di come Tristano e l’audace Lancillotto furono entrambi feriti vicino alla roccia di Merlino.
I cantari sono le trascrizioni degli spettacoli dei cantastorie medievali, eseguiti per le strade e le piazze della nostra Penisola. Spesso mettevano in musica un qualche episodio famoso, incoraggiando il pubblico a partecipare e a commuoversi, ora aggiungendo colore con le descrizioni, ora attraverso mimi, salti, scoppi di voce… Nell’antico cantare riportato all’inizio, Tristano e Lancillotto, entrambi fedeli cavalieri di re Artù, ingaggiano un terribile duello. La corte arturiana è minacciata da un cavaliere sconosciuto che indossa armi incantate e i due prodi, incrociandosi, pensano entrambi di trovarsi davanti a quel temibile personaggio, vedono l’uno nell’altro il nemico… La battaglia inizia. I due si avventano l’uno contro l’altro e dopo ogni richiesta di tregua il combattimento riprende più forte di prima, ma, per fortuna, sollevato l’elmo si riconoscono!
Mi viene così in mente la canzone di uno Zecchino d’Oro di molti anni fa (1995), “Amico-nemico”, in cui si diceva che “un nemico è un amico che ti sembra diverso e non lo è, un fratello che hai perso e non sai ritrovare più in te”… È proprio vero che la paura, il sentirsi assediati, il timore ci fanno spesso scambiare il nostro vicino per un temibile nemico venuto per distruggere. Eppure un nemico è prima di tutto una persona che ha, a sua volta, un’immensa voglia di vivere, dei sogni nel cassetto e la speranza, un giorno, di poterli realizzare.
Il cantare, però, è lì per porci la domanda: non stiamo forse, con le nostre paure, ferendo un amico venuto per soccorrerci? E se, combattendo il nostro nemico, stessimo, in realtà, colpendo il nostro compagno e il nostro alleato? Allora occorre cercare nel cantare quelle tracce che ci permettono di uscire da questo inganno.
Innanzitutto osserviamo che i due guerrieri avevano scelto di viaggiare in solitaria: se avessero deciso di stare assieme ad altri, di certo, le cose non sarebbero andate in quel modo. In due o più sarebbe stato più facile riconoscere un modo, un gesto, una posa, che suggeriva nell’altro il fratello di sempre. E tuttavia, purtroppo, anche se si è in molti capita di sbagliarsi! Il cantare, per giunta, pone l’accento soprattutto sul rifiuto dei due cavalieri di rivelare il proprio nome, e sul non volersi sfilare l’elmo per guardarsi in faccia.
Sì, il volto dell’altro non solo avrebbe rivelato che il presunto nemico era quel fratello che stava conducendo le nostre stesse guerre, ma avrebbe anche suggerito che l’altro era come me un portatore di speranza, un cercatore di Dio, un uomo o una donna chiamata a dare un senso al suo vivere.
Dopo i festeggiamenti per il riconoscimento i due cavalieri vanno allora a rifocillarsi in una locanda, ma proprio in quella locanda incontrano il temuto nemico… Troppo stanchi per le botte ricevute nel combattimento decidono allora di non combatterlo, ma di renderlo partecipe del loro ristoro: riconciliandosi cortesemente tutti e tre, terminano la serata con una preghiera l’uno per l’altro.
Sarà per questo che il testo si chiude con la parola “amen”. Tristano e Lancillotto avranno imparato a loro spese a sapere prima di tutto accogliere il temuto nemico, a coinvolgerlo nella nostra fraternità, a raccomandarsi l’un l’altro nella preghiera, perché è la preghiera dell’accoglienza e della fiducia che è la più bella e una di quelle che davvero conta!