Gli occhiali esistenziali
Li portiamo fin dalle nascita, hanno la forma e la grandezza del nostro corpo. Ci danno la possibilità di percepire sfumature, di guardare in alto, di vedere particolari, di ammirare verità da diversi punti di vista. Da una raccolta di dati nel dettaglio ci portano a sintesi sempre nuove aprendoci al mondo.
Nel tempo prevale un altro modo di utilizzarli quasi una specializzazione, ma si sa che in questo passaggio si perdono dettagli che costruiscono l’insieme. È una prerogativa del nostro essere bambini utilizzarli nel quotidiano relazionarsi con il mondo, è il total body degli inglesi.
Li recuperiamo nella nostra anzianità, quando le forze fisiche ci lasciano e con loro il delirio di onnipotenza viene meno, quando riemerge nuovamente il bisogno di tutto il nostro essere. Nell’intermezzo, anni e anni in cui ci mostriamo e leggiamo le persone, gli eventi, quelle che sono le nostre relazioni col mondo, con dei filtri di cui non abbiamo coscienza.
C’industriamo nel mascherarci, e, a poco, a poco, quegli occhiali che coincidono con la nostra persona, divengono lenti di ingrandimento, schermi che ci riparano anche da noi stessi, filtri che lasciano transitare sfumature che a volte coincidono con quanto ci aspettiamo, altre ci mostrano tutto alterato.
Quanto pensiamo e leggiamo non è allora la realtà, ma risponde al bisogno di conferme, di approvazione, alla necessità di essere parte di qualcosa, che ci faccia superare la solitudine.
Oltre a questi ci sono gli occhiali-pensiero, che se non della giusta gradazione ingrandiscono o rimpiccioliscono ciò che vediamo, o addirittura lo deformano. Ecco allora che vediamo giganti di fronte ai quali ci sentiamo impotenti, o nani che sollecitano la nostra onnipotenza, per non dire la prepotenza. Se poi l’immagine ne è deformata non riconosciamo chi ci sta accanto, uomo e donna come noi, ma compaiono i mostri da eliminare.
Chi porta un paio di occhiali-pensiero diverso da noi diventa un nemico da sconfiggere. E questo accade anche se la qualità del pensiero è buona, condivisibile, ma scatta qualcosa che recupera dal nostro uomo e donna primordiali il meccanismo di difesa di fronte ad un “diverso”.
Ci sono poi gli occhiali-illusione che sbiadiscono tutto quanto attorno a noi ci può disturbare e ci fanno vivere come in una luminosa bolla di fumo, dove è sempre giorno, dove regna il colore bianco e non sono ammesse nemmeno le sue tonalità che potrebbero far pensare allo scuro.
Al contrario, gli occhiali-negazione hanno una doppia valenza: escludono il buono oppure il cattivo, il bene o il male, e a volte hanno le lenti grigie dell’indifferenza. Il portarli ci mantiene in uno stato aereo se vediamo solo il bene, o di ansia e di perenne difesa, se vediamo solo il male. Spesso capita che ci rendano comunque intransigenti.
I nostri occhi si abituano a ciò che vediamo, lo cercano e lo trovano, e non ci accorgiamo che, spesso, noi veniamo solo confermati in ciò che pensiamo.