Dimenticare
(Ywain e la dama della fontana)
Un giorno uno dei cavalieri della corte di Re Artù, Ywain, giunse a una fonte magica, posta presso l’Albero della Vita. Dalla fonte il possente albero traeva vita ed energia. Non appena il cavaliere cercò di bere, qualche goccia toccò il bordo della fontana e subito ecco che si scatenò nel cielo una violenta tempesta, l’albero perse le sue foglie, i fiori appassirono e gli uccelli che facevano il nido tra i suoi rami fuggirono via impauriti. Non passarono però nemmeno pochi istanti che subito le foglie ritornarono più verdi, sui rami spogli apparvero numerose delle piccole gemme. Poi ecco che l’albero si coprì di fiori profumati dai mille colori e gli uccelli tornarono tra i suoi rami con un canto meraviglioso.
Più o meno con queste parole inizia il racconto di Ywain (Ivano) e di Laudine, la dama della fontana. Esse ci descrivono attraverso una serie di immagini la potenza della vita, che sa continuare anche laddove essa sembra interrompersi. È una metafora di quello che accadrà in seguito. Infatti, concluso il meraviglioso prodigio dell’albero, appare l’oscuro custode della fontana, che Ywain uccide per sposarne la donna e divenire padrone di quelle terre, ma giunge Galvano che spinge il cavaliere a continuare le sue imprese e presto Ywain si scorda della donna e della fonte…Il racconto è a lieto fine, ma voglio soffermarmi sul tema della dimenticanza, che fa da trama e da sfondo a tutto l’intreccio narrativo. Come può il valente cavaliere dimenticare improvvisamente la donna per cui aveva combattuto e il portentoso prodigio della fonte? Scopro che per gli studiosi l’oblio è concepito come il risultato di un processo difensivo di rimozione contro l’emergere di contenuti sgraditi alla mente, tanto che per Freud dimenticare è considerata una facoltà difensiva della mente umana. Da un lato, infatti, l’oblio è connesso al tempo che impieghiamo per accedere a un’informazione e all’attenzione che prestiamo al momento della sua codifica, ad esempio quando conosciamo qualcuno siamo veramente attenti alla persona che ci viene introdotta? Dall’altro esso indica in qualche modo le priorità che la nostra mente attribuisce alle cose.
La buona notizia è, come leggiamo nella Bibbia, che anche Dio dimentica! Ad esempio, nel libro di Isaia leggiamo: “hai liberato la mia anima dalla fossa della corruzione, perché hai gettato dietro le tue spalle tutti i miei peccati” (Is 38,17) o ancora “Io, proprio io, cancello le tue trasgressioni e non ricorderò più i tuoi peccati” (Is 43,25). È proprio osservando come il binomio “ricordare/dimenticare” ricorre nella Bibbia che mi pare di trovare una prima soluzione al racconto della dimenticanza di Ywain. Fu infatti, quando il frutto dell’albero proibito, arrivò a metà della gola che Adamo si ricordò delle parole del Signore che gli avevan detto: “Mangia pure da ogni albero del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai” (Gn 2,16-17). Il racconto arturiano è infatti costruito come un commento a questo testo biblico. Attorno all’albero della vita si scatenano prodigi straordinari per cercare di imprimere profondamente nella memoria di ogni uomo l’importanza, la delicatezza e la fragilità di ogni vita, ma quando Ywain uccide il custode della fonte, e tocca quindi alla vita di un altro uomo, scopre, proprio come Adamo, la sua debolezza e la sua drammatica verità. La dimenticanza di Ywain, ci mostra che il cavaliere aveva in qualche modo preso coscienza della gravità del suo atto e che impaurito ne era fuggito. Esso ci invita a riflettere sull’impatto dei nostri desideri, ad agire consapevolmente, a interrogare le nostre dimenticanze, per non lasciare incustodito il regno che abbiamo saputo in altri tempi conquistarci!
Fra Alberto Maria Osenga
Monastero benedettino “SS. Trinità”, Dumenza (VA)