La pace?… È cammino!
Una riflessione con d. Tonino Bello
Come gli anni, anche l’età e le epoche hanno la loro primavera che matura nell’estate. Il tempo che stiamo vivendo non è diverso da quello passato, e che in parte abbiamo già vissuto. Tempo di grande travaglio, direbbe S. Paolo, di delusioni, di amarezze, di sconforto, di fallimenti, a volte, ma, come continua nella lettera che scrive ai Romani, è travaglio che prelude alla nascita.
Quando? Dove? Come? Non è facile capire, dobbiamo farci lettori di segni come nella saggezza contadina si dice: “Guardate il fico e il mandorlo; quando germogliano capite da voi stessi che ormai l’estate è vicina”.
“Il caco (o kaki), frutto paffuto e fragile, è divenuto simbolo di pace nel secondo dopoguerra: infatti, solo pochi di questi alberi sopravvissero coraggiosamente alla devastante esplosione atomica di Nagasaki”.
Per alcuni segni dobbiamo porre molta attenzione, altri sono più evidenti, come il movimento che vede accanto i giovani di oggi e quelli che un tempo hanno già vissuto entusiasmi e coinvolgimenti, e ancora credono nella possibilità di dare un volto pacificato al nostro essere società.
E questo non può lasciarci indifferenti, perché le storie e le conoscenze che ci fanno diversi, possono, nel contempo, aiutarci a stare bene anche nel vivere la continua tensione che è l’essere tesi a divenire più umani, e renderci più capaci di agire con gesti di pace!
Sì, sono utili le conoscenze per la competenza in ciò che facciamo, ma diventiamo “uomini e donne, costruttori di pace” se ricerchiamo e cogliamo tempi e occasioni per riflettere, per ricercare risposte sul senso della vita, sulle soluzioni nuove da trovare a domande di sempre a partire dalle consapevolezze maturate; per comprendere e risolvere i quesiti che la scienza e la storia pongono oggi. Le conoscenze che evolvono, che diventano azioni concrete, mi rendono la persona dell’oggi, che non lo demonizza, non vive ancorata a un passato idilliaco che non tornerà o proiettata a un futuro di cui mi sfuggono i contorni, che non conosco!
“La pace come cammino”, afferma d. Tonino Bello, e continua che “a dire il vero non siamo molto abituati a legare il termine PACE a concetti dinamici”.
In effetti, nel nostro parlare comune raramente usiamo espressioni tipo: “Quell’uomo si affatica… lotta… strappa la vita con i denti… in pace”; mentre è piuttosto consueto sentir dire: “Sta seduto… legge… medita in pace” e, ovviamente, “riposa in pace”.
La nostra idea di pace “ci richiama più la vestaglia da camera, che lo zaino del viandante.
Più il comfort del salotto, che i pericoli della strada.
Più il caminetto, che l’officina brulicante di problemi.
Più il silenzio del deserto, che il traffico della metropoli.
Più la penombra raccolta di una chiesa, che una riunione di sindacato.
Più il mistero della notte, che i rumori del meriggio”.
Antonino Bello suggerisce allora che “occorre forse una rivoluzione di mentalità per capire che la pace non è un dato, ma una conquista.
Non un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno.
Non un nastro di partenza, ma uno striscione di arrivo”.
La pace è impegno a essere presenti a noi stessi, agli eventi, e ci chiede di non temere la lotta e la sofferenza, di investire con tenacia. Essa esige lo stare in situazioni che spesso hanno “alti costi d’incomprensione e di sacrificio”; ma soprattutto ci scomoda da quel pensarci arrivati che spesso si sperimenta, perché “rifiuta la tentazione del godimento, non tollera atteggiamenti sedentari!”
La Pace “non annulla la conflittualità, non ha molto da spartire con la banale vita pacifica”, ci chiede di accogliere le possibilità di un pensiero diverso come occasione di crescita nella relazione.
Entra nel gioco anche un ambiente che permetta delle variabili, che possa essere modificato secondo le esigenze personali, del tipo di vita che scelgo; non talmente condizionante e statico da generare risultati scontati e una persona già pre-definita.
E chiede inoltre un tempo, non troppo determinato dall’esterno, o solo mirato alla produttività, una continua messa alla prova, tanto da diventare tempo rubato a Me… a Te… a Noi. Serve un tempo naturale, a dimensione umana che mi permetta di essere la persona che posso essere.
È il disagio che anche come adulti manifestiamo con espressioni del tipo: “Ho troppo da fare… non ho tempo sufficiente… non per ciò che m’interessa, per quanto mi riguarda, per gli hobby”. E come genitori ci capita di pensare che i figli, soprattutto quando sono piccoli, ci tolgano il tempo che potremmo dedicare a noi stessi, e si avverte l’utilità delle reti di nonni, amici, baby-sitter.
Conclude d. Tonino: “Sì, la pace prima che traguardo, è cammino, e, per giunta, cammino in salita.
Vuol dire allora che ha le sue tabelle di marcia e i suoi ritmi, i suoi percorsi preferenziali ed i suoi tempi tecnici, i suoi rallentamenti e le sue accelerazioni. Forse anche le sue soste”.
- Tonino suggerisce che “occorrono attese pazienti”.
Il premio? È una beatitudine che tutti possiamo sperimentare se ci mettiamo in strada, infatti “sarà beato, perché operatore di pace, non chi pretende
di trovarsi all’arrivo senza essere mai partito, ma chi parte”, guardando avanti anche nella fatica e nello scoraggiamento “col miraggio di una sosta sempre gioiosamente intravista…”.
È l’invito a restare alla scuola del tempo per farci “esperti lettori dei segni che esso lascia nel suo lento procedere” perché “la pace è un albero lento a crescere”, mentre noi, “non più sgomenti, staremo ad ascoltare la crescita del grano”, ci annuncia David M. Turoldo.
Suggerisco “per tutti” il libro “C’è un albero in Giappone” di Chiara Bazzoli. Una storia di pace e resilienza.