Istruito da una capra
Un santo monaco, ritiratosi in una zona solitaria e selvaggia, aveva deciso di sopravvivere mangiando solo erbe. Il digiuno lo stava stremando e l’avrebbe portato sicuramente a morte quando in suo soccorso giunse una capra…
Un santo monaco, ritiratosi in una zona solitaria e selvaggia, aveva deciso di sopravvivere mangiando solo erbe. Così tutte le piante che vedeva gli sembravano buone da mangiare. Eppure buone non erano. Dunque il santo si ammalò e non sapendo scegliere tra le tante erbe, le rifiutava tutte. Il digiuno lo stava stremando e l’avrebbe portato sicuramente a morte quando in suo soccorso giunse una capra.
La capra, che per antico istinto sapeva riconoscere le piante pericolose da quelle commestibili, in silenzio con la bocca, separò le una dalle altre facendone un mucchietto a parte. Al monaco non gli restò che da imitare le scelte alimentari della capra per sopravvivere e guarire (Sulpicio Severo, Dialoghi, 1, 10).
Si sa nella Bibbia le capre non godono di buona pubblicità. Gesù stesso dice di separare le capre e le pecore (Mt 25,31-46), come immagine dei buoni e dei cattivi, anzi abbiamo davvero faticato a trovare una sola storia significativa di santi accompagnati da questo animale, ma questo piccolo racconto è talmente avvincente da ricompensarci da tante fatiche. Peccato solo che sia anonimo e non attribuito a un qualche santo specifico.
Intanto ci sorprende perché la capra, tanto denigrata e sempre considerata come il contraltare negativo delle pecore, si prende questa volta una piccola rivincita. È lei infatti che aiuta a separare le erbe velenose da quelle buone da mangiare. Il suo gesto di separazione e di selezione è frutto di un’ancestrale sapienza!
Questo piccolo racconto è stato spesso utilizzato dai padri della Chiesa per spiegare il comportamento dei vegetariani, ma risulta interessante anche per un altro elemento: l’imitazione degli animali come strumento pedagogico.
Nella solitudine il monaco è diventato attento a ogni segno che possa aiutare la sua difficile vita nel deserto, e riscopre così questa antica forma di apprendimento tanto cara all’uomo dell’antichità, ma del tutto abbandonata nella nostra società urbanizzata. Oggi l’animale è visto come un essere inferiore e sottomesso all’uomo e non sappiamo più in alcun modo porci alla sua scuola, ma non era così al tempo di Gesù, che spesso usa metafore tratte dal mondo vegetale e animale per istruire i suoi discepoli, e nemmeno all’epoca del primo monachesimo!
Tornare ad osservare gli animali, i loro movimenti, i loro comportamenti, vuol dire riapprendere a vivere in armonia con il mondo naturale. Essi non sono solo un potente luogo di riflessione artistica, ma una fonte inesauribile di sapienza pratica. I loro colori hanno ispirato stilisti e pittori, i loro movimenti numerosi coreografi e i loro canti i compositori di tutte le epoche, ma gli animali sono anche una fonte preziosa per portarci a riflettere in modo nuovo sul nostro modo di creare relazioni, di abitare, di vivere insieme. Insomma alla scuola dei santi padri del deserto, possiamo ritornare ad osservare gli animali e lasciarci da essi istruire, anche dalle capre!