Ri – cercare e Ri – incontrare
Esiste una verità stabile? E dove abita?
O esiste una consapevolezza che cresce con noi e sempre più ci porta a conoscere la verità di noi stessi?
“Voler essere qualcun altro è uno spreco della persona che sei”, suggerisce Marilyn Monroe, e Sándor Máraiintuisce che “la stima di sé è il contenuto più profondo della vita umana”. Ed è con questa energia che intraprendiamo la strada della consapevolezza, il viaggio che dura una vita, breve o lunga che essa sia. Perché, afferma Erich Fromm, “il compito principale nella vita di ognuno è dare alla luce se stesso”.
Per pervenire alla consapevolezza si tratta poi di scendere più che di salire, di rientrare più che di uscire, di stare vicini a noi stessi, più che di vagare lontani in una ricerca che mai ci appaga.
Si tratta allora di cercare, non con lo sguardo di chi vuole conferme a quanto ipotizzato, un procedere secondo la scienza classica, ma il cogliere connessioni, secondo le modalità della scienza attuale, di leggere pure negli spazi che riteniamo vuoti, tra le righe.
Cercare chiede piuttosto di mantenere lo sguardo attento del trovatore di funghi che segue la pista lasciata dal loro profumo.
“Non hai bisogno di vedere l’intera scalinata. Inizia semplicemente a salire il primo gradino”, consigliava Martin Luther King.
E Charlie Chaplin suggeriva: “ Quindi vivi, fai quello che ti dice il cuore, la vita è come un’opera di teatro, ma non ha prove iniziali: canta, balla, ridi e vivi intensamente ogni giorno della tua vita prima che l’opera finisca priva di applausi”.
Il percorso di ricerca, che dura una vita, è la messa in scena di un’avventura continua, in cui cambiano i paesaggi, i compagni, e cambio pure io. Diversi sono i tempi e le posture:
- Sono in cammino in mezzo al bosco fitto, nella penombra di alti pini che non mi permettono di vedere che un passo dopo l’altro…
- Ho un’intuizione poiché avverto odori, vedo segni… colori… forme… ombre…
- Seguo una traccia e mi lascio condurre… mi affido a un’energia che mi attrae…
- Vedo, scopro, l’inaspettato di me… orizzonti ampi che si aprono, che vanno oltre il noto, il conosciuto….
- Vado, accolgo, assumo… mi lascio invadere…
- E ne riemergo nuova, mi scopro diversa, diverso!
Lungo tutto l’andare è un po’ un gioco di equilibrio. È l’esperienza del funambolo che percorre lentamente il filo teso tra due pali: egli si fida di chi ha teso il filo, della rete che sottostà… e si fida pure di se stesso.
C’è una prassi consolidata, un conoscersi per cui ci si fida gli uni degli altri, le une delle altre. È un riconoscersi in una relazione affinata nel tempo… Una conoscenza che cresce con l’altro e con noi stessi.
Il ri-cercare, però, pone l’accento sul cercare nuovamente, e quindi il ri-conoscere qualcosa già visto, conosciuto, sperimentato, o il non dato per scontato, raggiunto.
“Tutti i poteri dell’universo
Sono già dentro di voi.
Siete voi che vi siete coperti gli occhi
Con le vostre mani.
Vi lamentate che è buio.
Siate consapevoli
Che intorno a voi non ci sono tenebre.
Togliete le mani dai vostri occhi
E apparirà la luce,
Che era lì da un’eternità”.
Secondo Federico Faggin, fisico italo-americano di Vicenza, bambini e bambine sono i più vicini alla “conoscenza di sé”, e la praticano nello sperimentare il mondo che li accoglie, anche se non lo sanno.
Per noi adulti si tratta di tornare bambini, come un saggio Maestro già diceva 2000 anni fa, per ritrovare quanto già abita in noi, di ri-connettersi con la nostra vera immagine.
Si tratta di perdersi per ritrovarsi, di lasciare andare il controllo di tutto e su tutto, di non cercare conferme, di non misurare i passi.
E, ancora, di assumere un ritmo che è in noi, di lasciarsi portare, di lasciarsi sorprendere. Come suggerisce il filosofo Francois Jullien, “di surfare, cioè cogliere l’onda”, quell’invito che ci porta in alto e ci deposita più in là di dove siamo, o crediamo di essere.
“Nasciamo conoscendo,
Viviamo cercando,
Finiamo la nostra vita incontrando,
O, meglio, re- incontrando,
E, direi,…. re- incontrandoci.
Ri – conoscendo e ri – conoscendoci!”.