L’UMILTÀ CHE È LIBERAZIONE
Innanzitutto esso ci rimanda all’episodio evangelico che fa da sfondo a questo testo, la guarigione della Figlia di Giairo, (Mc 5,21-42), il capo della Sinagoga che supplica Gesù di recarsi a casa sua per guarire la figlia malata, ma la scena evangelica viene qui rinarrata in modo molto ironico e sottile, senza tacere le incoerenze del nostro vissuto. Qui siamo davanti a dei monaci che sembrano continuamente disimpegnarsi!
Vediamo infatti che il monaco interpellato non vuole guarire la ragazza, come per sottrarsi ad una responsabilità. In realtà già questo primo gesto serve per introdurre in modo sottile il tema dell’umiltà, presentata con le sue ambiguità ed incomprensioni. Questo tema viene però ribadito ancora nella seconda parte della frase, iniziando ad assumere un certo peso e a interrogare così il lettore.
I monaci vengano allora introdotti sulla scena non come coloro che guariscono, ma come coloro che lavorano, anzi che stanno nelle dinamiche di compravendita che contraddistinguono la nostra vita di ogni giorno. Questo è un altro accento posto sull’umiltà, un dimorare nel reale.
Notiamo la storia procede almeno apparentemente di spogliazione in spogliazione, come in un continuo disimpegnarsi o fuggire: sulla piazza a vendere non è rimasto più nessuno, solo un giovane discepolo, ritornando così a problematizzare il tema dell’umiltà.
Allora quel che domina la scena è un fresco realismo, la dimensione contrattuale di una compravendita, la pigrizia degli anziani, ma soprattutto l’ironia inattesa dello schiaffo che la fanciulla dona al monaco…come se non bastasse! Ecco però che attraverso l’intervento di una parola esterna, in questo caso la celebre parola di Gesù di Lc 6,29 il racconto trova la soluzione all’intreccio. Questa parola serve a giustificare e a rileggere l’evento facendolo passare alla sua dimensione mistica. L’umiltà raggiunge la sua evidenza, scoprendo che alla fine non è la grande aura spirituale di qualcuno che assicura dei processi di liberazione, quanto la testimonianza di chi entra nella logica della realtà e dell’umiltà e che a poco a poco si rivela come il solo atto vincente, che guarisce.
Fra Alberto Maria Osenga
Monastero benedettino “SS. Trinità”, Dumenza (VA)