Thérèse Lemoine: un ponte tra Carmelo e India
Thérèse Lemoine, carmelitana di Lisieux, scelse di immergersi nelle spiritualità dell’India per approfondire la sua vocazione contemplativa. Il suo viaggio tra eremi e asceti induisti è divenuto così un ponte tra due mondi, testimoniando un dialogo profondo tra fede e ricerca interiore. La sua storia è un invito ad aprirsi all’incontro con l’altro, certi che ogni autentica ricerca conduce alla luce.…
Ci sono storie che parlano di coraggio interiore, di ricerca e di un dialogo profondo con l’Assoluto. La vicenda di Thérèse Lemoine (1925-1976) è una di queste. Carmelitana di Lisieux, scelse di lasciare il convento per intraprendere un cammino di contemplazione e dialogo in India, alla ricerca di una sintesi tra la spiritualità cristiana e la tradizione ascetica orientale. Il suo percorso fu fortemente influenzato dall’incontro epistolare con Henri Le Saux (Abhishiktananda), monaco benedettino francese che aveva vissuto un’intensa esperienza di inculturazione spirituale in India. Fu grazie a questo scambio che Thérèse sentì la chiamata a un’esperienza radicale, come lei stessa scrisse nel 1962: “Ho scelto la vita religiosa non è per insegnare, ma per essere insegnata e farmi tutta ricettiva”.
Thérèse non rinnegò mai le sue radici carmelitane. Scrive infatti alle consorelle di Lisieux nel 1967: “Mi aggrappo con tutto il mio essere allo spirito del Carmelo nella sua nuda purezza. Eppure, sento che solo una comunione profonda con l’India potrebbe darmi ciò che cerco, anche se ancora non riesco a definirlo”. La sua vocazione si esprimeva in una duplice tensione: il silenzio contemplativo e il desiderio di immergersi nella spiritualità dell’India, vivendo tra asceti e saggi.
Nel 1965 partì per l’India. Dopo un periodo nel Carmelo di Pondicherry, iniziò il suo pellegrinaggio vestendo un sari chiaro, come segno di discrezione e rispetto. Nel 1974 si stabilì a Rishikesh, lungo le rive del Gange, vivendo in una capanna molto spartana, tra monaci induisti. “Non ho mai trovato altrove un tale silenzio. Un silenzio che porta automaticamente al raccoglimento”, scrisse nel 1975.
Qui, sotto la guida di Swami Shivananda, ricevette il Gayatri mantra, la preghiera vedica per la luce interiore, che ella recitava rivolgendola a Cristo. In questa sintesi si compiva il suo cammino: una vita eremitica tra non cristiani, testimoniando la fede con la sola presenza.
Nel settembre 1976, Thérèse scomparve improvvisamente. La sua capanna fu trovata aperta, con alcune verdure pronte da cucinare. L’ipotesi più plausibile è che sia scivolata nel Gange, inghiottita dalle acque del fiume sacro che tanto amava.
Henri Le Saux, nel 1970, le aveva scritto parole profetiche: “Il Gange è qui, davanti a me, e lui mi insegna semplicemente a guardare. Questa semplicità dello sguardo è il segreto stesso dell’Oriente. Siate questo sguardo puro, Dio è questo sguardo puro”.
La sua vita rimane una testimonianza luminosa di apertura e dialogo, un invito a superare ogni paura nell’incontro con l’altro, nella certezza che ogni ricerca autentica conduce sempre a Cristo.