Le fantasie di un cavaliere
(Le livre du chevalier errant)
“Conoscenza è il mio nome e con bontà voglio consigliarvi e la via mostrarvi” diceva la donzella al cavaliere, quando ecco che Breuss Senza Pietà, pieno di gelosia, fece il suo ingresso nella corte d’Amore chiedendo di imprigionare la pulzella.
Gli armoriali dei cavalieri arturiani, di solito così prolissi nelle informazioni sul colore dei capelli, la corpulenza e l’espressione del volto degli eroi della Tavola Rotonda, rimangono in silenzio su Breuss, come se il personaggio fosse stato colpito dall’anatema.
Per capire la storia di donzella Conoscenza, del cavaliere errante e di Breuss Senza Pietà, è bene però fare un passo indietro. Il testo che attira la mia attenzione è un passa del Livre du Chevalier errant, scritto da Tommaso III di Saluzzo, poeta e gentiluomo, ma soprattutto appassionato lettore di romanzi. Sono gli anni in cui il territorio subalpino entra nell’orbita letteraria francese, sedotto dalla potenza del suo immaginario, dalla ricchezza dei suoi poemi, da una lingua che aveva raggiunto presto una maturità espressiva senza pari. Tutto il territorio al di qua delle Alpi entra così per qualche tempo nell’area di influenza della francofonia iniziando, proprio come il cavaliere del poema, la sua lunga battaglia per esistere.
Il poema ci narra le avventure di un cavaliere errante, alterego del poeta, che viene condotto attraverso le prove della maturità dagli amori della giovinezza alla saggezza della vecchiaia. È tutta una vita che si dispiega sotto i nostri occhi, narrata in forma allegorica, ma quello che mi colpisce è il modo in cui l’autore si proietta e si descrive attraverso gli eroi dei suoi romanzi, attraverso un caleidoscopio di esperienze che lo portano pian piano a scoprire la sua personalità.
Il personaggio di Breuss Senza Pietà era stato inventato quasi un secolo prima nei racconti della corte di Francia, incarnando tutto quel che poteva essere contrario ai valori della corte arturiana. Spergiuro, codardo, gradasso, rapitore di donzelle, attacca tutti quelli che sono più deboli di lui… Nel passaggio riportato, però, è anche un giovane adolescente alla scoperta di se stesso, pieno di paura, e solo la rabbia riesce ad essere il motore che lo porta avanti. Come uno spirito maligno, attraversa il mondo arturiano e talvolta appare su di un piccolo sentiero abbandonato in mezzo a una foresta, a volte lo incontriamo sulla strada principale, o mentre cerca di farsi spavaldo entrando nella sala delle virtù dell’amore. Sempre solo, sempre in movimento al di fuori delle costrizioni sociali, spesso in groppa al suo veloce cavallo che gli permette di sfuggire alle guardie che tutelano la Tavola Rotonda. Sfuggente, Breuss è anche onnipresente, ma sempre dove non è previsto, sempre pronto a fare del male senza sapere perché. Un uomo che vorrebbe crescere, ma che è capace solo di manifestare al mondo la sua violenza, in lotta contro donna Conoscenza che voleva condurre il cavaliere sulla via buona del diventare adulto. Il poema si chiuderà con l’intervento di Safar, un altro cavaliere della tavola rotonda, che – non con l’uso della spada, ma della parola – strapperà il cavaliere errante dalla prigione in cui, a sua volta, era finito.
Nella lunga descrizione delle vicissitudini del cavaliere errante, attraverso la lettura, attraverso l’immaginazione, attraverso il proiettarsi sulle figure negative e positive incontrate nei suoi racconti e nei suoi romanzi preferiti, il poeta, come in un sogno, avrà pian piano ritrovato la sua vera identità. Avrà ritrovato il coraggio di essere un vero cavaliere, un uomo capace di difendere la vedova e l’orfano, un uomo capace di entrare senza violenza nella corte d’Amore!