La sorgente dei racconti
(Guiron)
Brehus guardava attorno e in quelle sale splendide vide il corpo del cavaliere Febus, uomo di altissima statura, uomo dei tempi antichi.
Con la battaglia navale della Meloria, del 6 agosto 1284, i marinai pisani sconfitti vennero imprigionati per una decina di anni nelle fortezze genovesi… Eppure, il tempo nella prigionia non fu di certo un tempo sprecato! Anzi possiamo quasi dire che questo periodo di reclusione fu uno dei più fecondi, soprattutto per quel che riguarda la produzione di manoscritti. Infatti i prigionieri pisani vennero messi a copiare numerosi testi di romanzi e non solo, per soddisfare la sempre crescente sete di lettura e di meraviglioso del colto pubblico della Superba o delle corti dei Gonzaga, degli Este e dei Visconti. Il lavoro di copista serviva a guadagnarsi la liberazione. Durante gli anni di prigionia arrivarono perfino a fondare una università, detta Università dei carcerati pisani detenuti a Genova!
Uno dei testi che attira la mia attenzione è un manoscritto proprio risalente a questa origine genovese-pisana, che riporta l’episodio della caverna del ciclo di Guiron, romanzo cavalleresco ambientato come al solito in Gran Bretagna. Brehus, l’inquieto cavaliere errante, spesso visto come il cattivo cavaliere, che odia le donne, viene gettato in una grotta, che ospita i parenti di Guiron e i corpi dei suoi antenati, sepolti in una serie di stanze bellissime. In questo luogo incantato custodito dagli eremiti viene narrata la storia di Febus, il cui corpo riposa in quella caverna. Febus era un cavaliere dalla statura colossale, innamorato della figlia del re di Norhomberlande…
Il fatto interessante è che l’episodio è pensato non tanto come una soluzione, ma come una semplice moltiplicazione dei racconti. I fatti si moltiplicano come uno specchio, mettendo così Brehus a confronto con il mondo mitico degli antichi eroi. I fatti antichi riportano più o meno gli stessi problemi e le stesse lotte dei cavalieri della tavola rotonda, ma la distanza temporale ha reso mitiche queste vicende, ha levigato gli spigoli del carattere e ha reso i protagonisti tutti intrisi di perfetta bontà, generosità e grandezza d’animo.
Questo confronto con i valori del passato deve essere stato lo stesso vissuto dai copisti prigionieri, e così il confronto con questa storia mi pone davanti ad un grandissimo affresco collettivo, in cui i lettori di ieri e di oggi si sovrappongono in un percorso che attraversa epoche remote.
Il confronto con il passato permette sempre di dimenticare il proprio ego, lo illumina dei bagliori delle storie degli altri. Diviene esercizio di ascolto fecondo, e anche se alla fine del nostro racconto, uscito dalla caverna, Brehus continua a gridare il suo odio per le donne che non lo amano, ora la sua narrazione si è fatta più ricca. Aver visitato quel solenne palazzo, nascosto nel sottosuolo, gli avrà forse permesso di riiniziare il viaggio. Anche i prigionieri di Pisa, nascosti nelle fortezze avranno incontrato le storie dei loro compagni e le avranno rilette assieme alle storie degli antichi cavalieri, forse prima della liberazione ci saranno voluti ancora tanti anni, ma quel che è certo è che bere alle sorgenti delle storie e sempre bere alle sorgenti della vita. Ed è sempre in questo abbeverarsi alla sorgente della storia che si parte per iniziare ad uscire dalla grotta.