Le fate dei prati lontani (Germano di Man)
Si dice che quando Germano arrivò sull’isola di Man dalla Vecchia Irlanda fu subito attirato dalle strane presenze del piccolo popolo che abitavano sull’isola. Erano loro ad attirare gli uomini del mare verso quella strana terra dove le correnti si incrociavano in pericolosi gorghi…
Germano aveva sentito a lungo parlare del piccolo popolo tra i contadini d’Irlanda, uomini saggi e avvezzi al lavoro, ma non ne aveva mai avuto un’esperienza tanto forte come da quando era sbarcato sull’isola di Man. Il santo si interrogava su quegli strani essere, di cui sembrava sentire le voci chiamarlo dai prati e in cuor suo si ripeteva la parola: “Nessuno può venire a me se non gli è concesso dal Padre“.
Si dice che quando Germano arrivò sull’isola di Man dalla Vecchia Irlanda fu subito attirato dalle strane presenze del piccolo popolo che abitavano sull’isola. Erano loro ad attirare gli uomini del mare verso quella strana terra dove le correnti si incrociavano in pericolosi gorghi, ma come bisognava rapportarsi in quanto evangelizzatore con gli esseri di quel popolo? Avrebbero ricevuto la buona notizia del Vangelo o l’avrebbero rifiutata? L’antico racconto ci dice che tutta l’isola sembrava desiderare la presenza del santo, essa desiderava ascoltare la voce che annunciava il perdono e la misericordia di Dio. Sentire proclamare ogni giorno il salvifico racconto del Signore crocifisso, poi ancora vivente e che ora guidava la sua Chiesa, ma come avrebbe fatto a portare la buona notizia anche a quelle presenze?
Questo breve racconto apre diverse problematiche: il rapporto al mondo invisibile, ma ancor più, l’ampio tema del rapporto tra Vangelo e mondo della natura. Esso sembra porci infatti la domanda: la natura può essere riaccolta e orientata interamente verso una dimensione cristiana, di bontà e di servizio all’uomo, senza per questo subire violenza?
Purtroppo spesso, quando si ha a che fare con le antiche leggende del nord, esse non ci trasmettono che qualche povero frammento della storia e le chiavi di lettura che il narratore aveva posto si perdono, dimenticate chissà da quando. Non è solo una questione di assenza di documenti, ma anche di assenza di iconografia, ossia di quegli elementi che ci permetterebbero di indagare la tradizione attraverso una riflessione più ampia rispetto al frammento, raccolto chissà come e per bocca di chi.
Eppure in questo caso potrebbe venirci incontro è una poesia raccolta sull’isola all’inizio del XX secolo, in cui il mondo appare trasfigurato dagli occhi della fantasia, riassumendo bellezza e luce. Sarebbe allora la fantasia e il tornare bambino, la risposta alla domanda che Germano di Man portava nel suo cuore attraverso quel versetto di Giovanni 6,65 “Nessuno può venire a me se non gli è concesso dal Padre”:
Sento le fate chiamare dai prati lontani,
dove i narcisi brillano attraverso un velo di grigio nebbioso,
nella magia del mattino, quando i gioiosi venti marini soffiano
sulle cime delle montagne con ginestre dorate che brillano!
Riesco a sentire le fate che chiamano dalle coppe del re tutte lucenti
attraverso una nebbia di spruzzi bianchi che cadono giù per una valle di verde tremolante,
dove un tappeto di campane azzurre copre tutta la terra sotto i loro piedi,
e i merli chiamano un saluto forte e dolce.
Fate, se ascolto la vostra chiamata, se prendo le vostre mani tese,
mi condurrete attraverso l’alba verso le vostre meravigliose terre dorate?
“Se il tuo cuore è come il cuore di un bambino, attraverserai la sbarra dell’alba,
e l’oceano che è illuminato da una stella,
“Vedrai le nostre terre di letizia, colline tutte verdi, dorate e grigie,
e vagherai nelle valli delle campanule accanto agli spruzzi che svolazzano!”
Così vado a incontrare le fate, le gioie dell’infanzia ancora una volta da ritrovare,
con il mondo e le cure e i guai lasciati alle spalle!