LA LUCE DI UN VIAGGIO IN MARE
L’abate Giacomo disse [a un fratello]: «Forza il tuo cuore a venire dal Signore». E il fratello disse: «Come, padre mio?». L’anziano gli rispose: «Come Gesù forzò i suoi discepoli a salire sulla barca, nello stesso modo tu forza il tuo cuore a venire dal Signore».
(Collezione etiope 13,71)
No certo, l’essere forzati non può proprio essere una bella notizia! Eppure questo detto non pare proprio voler essere messo in discussione visto che l’autore lo pone sotto l’autorità stessa di Gesù. In questo modo l’autore sembra voler a tutti i costi spingere il lettore ad accettare la sua parola. Ecco una forzatura bella e buona! Ma cerchiamo di capirne un po’ di più.
La prima cosa da fare allora è chiedersi: ma Gesù ha proprio fatto così come dice il detto? E scopriamo in realtà che l’autore si appoggia sul versetto di Mt 14,22: “Subito dopo ordinò ai discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull’altra sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla”. Beh, si tratta di un ordine, il che è potrebbe essere inteso come una forzatura, ma che potrebbe anche non essere qualcosa di imposto con la forza. Ad esempio leggendo bene l’intero passo scopriamo che stava scendendo la notte e quindi l’odine di salire sulla barca è dato perché i discepoli non si attardino, ma cerchino di rientrare al sicuro.
La furbizia dell’autore del detto è in realtà tutta centrata sull’ambiguità dell’uso di quel verbo “forzare”, lo troviamo sì nei testi evangelici e addirittura nella medesima posizione (Lc 14,22-23), ma non in Matteo, bensì in Luca: “Poi il servo disse: “Signore, si è fatto come hai comandato e c’è ancora posto”. Il signore disse al servo: “Va’ fuori per le strade e lungo le siepi e costringili a entrare, affinché la mia casa sia piena”. Si tratta di una parabola, di un’immagine che Gesù usa per spiegare l’azione degli angeli nel Regno.
Ecco allora che nel detto assume una forza tutta sua quella parola “come”.
Si tratta si di un ritorno verso quello che ci fa del bene, verso quel che ci libera e ci dà vita, che avviene innanzitutto riconoscendo lo scendere della notte, nel non attardarsi in maniera volontaristica nelle opere, ma accettando di prendere il largo verso nuove prospettive. Quel “come” ci invita anche, alla luce dell’azione degli angeli della parabola di Luca, a capire che quella forzatura è la risposta all’aver rifiutato l’invito ad una festa “Un uomo preparò una gran cena e invitò molti; e all’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, perché tutto è già pronto”. Aver trascurato quello che ci fa bene per non aver seguito l’essenziale, allora ecco che questo ci obbliga talvolta a vivere una forzatura.
Vi è però un’ironia molto profonda nel detto. Se infatti proseguiamo la lettura di Matteo, vediamo che proprio mentre sono sulla barca i discepoli vengono sorpresi da una tempesta. L’andare verso il bene è interpretato come un viaggio in mare che può anche essere pericoloso, ma leggendo attentamente il testo, dietro la parola “discepoli”, scopriamo anche di non essere da soli e che molti altri sono impegnati con noi in questo viaggio.
Fra Alberto Maria Osenga
Monastero benedettino “SS. Trinità”, Dumenza (VA)