Dove sei andato?
In uno dei nostri precedenti articoli abbiamo parlato del clima aziendale, che la letteratura scientifica riconosce come fattore essenziale per il benessere dei lavoratori e per l’efficienza dell’azienda stessa.
Alcuni lettori si sono dimostrati sensibili al tema soprattutto perché evidenziava la possibilità di migliorare il clima aziendale a partire dalla qualità dell’ascolto reciproco.
In particolare, a suscitare interesse è stata questa nostra affermazione: “La capacità di ascoltare non è una faccenda innata, che o ce l’hai nel Dna o sei fregato. L’ascolto è una competenza acquisibile, coltivabile e allenabile”.
Sì, d’accordo, ma come si fa?
Questa la domanda che ci avete posto e alla quale vogliamo rispondere ora, partendo da una semplice considerazione: spesso sentiamo, ma non ascoltiamo.
La differenza tra le due dimensioni consiste quasi sempre in qualche rumore di fondo che ci disturba dall’interno e di cui siamo perlopiù inconsapevoli: un pensiero che non sappiamo scacciare, una preoccupazione che ci assilla, un pregiudizio nei confronti di chi sta parlando, la smania di esprimere la nostra opinione, oppure la fretta nell’offrire soluzioni, pareri e consigli non richiesti. Queste interferenze interne fanno parte della natura umana, ma influiscono sulla qualità dell’ascolto poiché inducono ad “ascoltare un po’ meno”, o non ascoltare affatto.
Ecco perché un sincero contatto con se stessi è una competenza essenziale per poter ascoltare davvero gli altri. Ciò significa aumentare l’autoconsapevolezza, portando la nostra attenzione a quanto si muove dentro di noi:
Dove sono mentre l’altro parla? Dove vanno i miei pensieri e le mie emozioni?
Un valido strumento per rispondere a queste domande è il Modello dei Quattro Quadranti: ideato dal prof. Roberto Gilardi e parte integrante del Progetto Didattico della Scuola di Counselling Situazionale, questo strumento favorisce la consapevolezza e la padronanza di sé con illuminante chiarezza e semplicità.
Ma andiamo per gradi e cominciamo con alcuni esempi.
Siete al corso obbligatorio sulla sicurezza e, mentre il formatore parla, voi pensate alle molte incombenze da svolgere nel pomeriggio. State pensando a fatti vostri che non hanno alcun collegamento con ciò che l’oratore sta dicendo: Primo Quadrante.
Un’altra situazione nella quale molti di voi potrebbero riconoscersi è la seguente: mentre il collega vi narra della brutta influenza patita la settimana scorsa, il vostro pensiero va all’inverno precedente, quando voi siete finiti a letto con una febbre da cavallo. State nuovamente pensando a fatti vostri, ma questa volta sono collegati alla narrazione dell’interlocutore: Secondo Quadrante.
Altro esempio, altro Quadrante. La collega dell’amministrazione, tra le lacrime, vi racconta che il titolare ha ripreso pesantemente l’intero ufficio per l’errore commesso da uno solo di loro e qualcuno tra voi potrebbe rispondere: “Certo, più facile fare la sfuriata a tutti che affrontare i diretti interessati!”; oppure: “Sì, però tu te la prendi per cose di poco conto”; o ancora: “Guarda che il capo non ha tutti i torti: il vostro ufficio combina un sacco di pasticci”. Possibili risposte, differenti tra loro, ma accomunate dall’essere frutto di una valutazione dell’evento fatta sulla base dei vostri valori e costrutti, del vostro punto di vista. State, cioè, pensando ai fatti dell’altro per come li giudicate voi: Terzo Quadrante.
Ed infine, rivedetevi nella scena precedente e immaginate di focalizzarvi su cosa sta vivendo chi vi parla: “Quella sfuriata l’ha proprio ferita, forse l’ha subita come un’ingiustizia”. Quarto quadrante: riceviamo quanto l’altro sta dicendo per come lui/lei ce lo racconta, cercando di metterci nei suoi panni.
Insomma, ogni volta che qualcuno ci parla finiamo inevitabilmente per “abitare” uno dei Quattro Quadranti, che possiamo così schematizzare:
1° Quadrante Pensiamo e Sentiamo in base a situazioni della nostra vita evocate alla memoria, ma non in collegamento con quanto sta dicendo la persona |
2° Quadrante Pensiamo e Sentiamo in base a situazioni della nostra vita evocate alla memoria proprio da quanto la persona sta dicendo |
3° Quadrante Riceviamo quanto l’altro sta dicendo, ma lo filtriamo, valutiamo, giudichiamo in base ai nostri riferimenti, valori, costrutti |
4° Quadrante Riceviamo quanto l’altro sta dicendo e cerchiamo di comprenderlo attraverso la immedesimazione nel suo mondo |
Ciascuno dei Quadranti ha la sua ragione di esistere e non necessariamente il 4° è migliore degli altri: la scelta dipende dal contesto e dal ruolo che rivestiamo nel dialogo.
L’importante è riconoscere dove siamo finiti. Solo così potremo essere consapevoli di ciò che dà origine alle nostre reazioni, potremo scegliere come ascoltare l’altro e, di conseguenza, come interagire con lui/lei.
Se state pensando che non sia facile… beh, avete ragione, ma non è impossibile.
Già lo dicevamo: la buona notizia è che queste abilità si possono imparare e, come ben sanno gli studenti della Scuola di Counselling che queste competenze le apprendono e allenano, a fare la differenza sono la pratica e la sperimentazione diretta.
Provare… per credere!