L’insegnamento di una tegola
“Meditare su una tegola” può sembrare qualcosa di particolarmente stravagante, ma quanti insegnamenti e quanta saggezza possono comunicarci questi pezzi di coccio, che formano i nostri tetti. In un antico racconto che giunge a noi dalle foreste di Gallia troviamo alcuni spunti per capire come fuggire dall’inquietudine…
Un giorno al monaco Patroclo venne il pensiero di lasciare il deserto e di tornare nel mondo. Il santo, sentendo il veleno insinuarsi nel suo cuore, si prostrò in preghiera, chiedendo di non fare nulla che non fosse gradito a Dio. Allora un angelo del Signore gli apparve in sogno e gli disse: “Se vuoi vedere il mondo, ecco una colonna, che sale sulla quale vedrai tutto ciò che vi accade”. E in questo sogno c’era davanti a lui una colonna di meravigliosa altezza, vi salì, e di là vide gli omicidi, i furti, gli omicidi, gli adulteri, le fornicazioni, e tutti i delitti che si verificano nel mondo. Quando scese disse: “Ti prego, o Signore, di non farmi tornare a queste abominazioni che da molto tempo ho dimenticato per lodarti”. Allora l’angelo che gli parlava gli disse: «Allora smetti di cercare il mondo, per non morire con esso, ma entra piuttosto nell’oratorio dove pregherai il Signore, e ciò che troverai lì sarà per te una grande consolazione nel tuo pellegrinaggio». Entrato nell’oratorio, trovò una tegola su cui era posta l’immagine della Croce del Signore; e riconoscendovi un dono divino, capì che quella sarebbe stata per lui una difesa inespugnabile contro le attrattive di ogni seduzione mondana. (Dalla Vita di San’Patroclo narrata nel Paterikon delle Gallie di Gregorio di Tours).
Il Berry, è una storica regione francese, il cui nome non so perché mi evoca i frutti di bosco, i mirtilli, i ribes, le more…Sarà forse per la sua assonanza con il nome di questi frutti nella lingua inglese, ma fatto sta che nel V secolo tra quelle nobili e verdi colline viveva Patroclo, un monaco dei tempi antichi.
Aveva costruito nei boschi non distanti dal paesello di Colombier, una capanna e una cappella dedicata a San Martino e in quei luoghi aveva fissato la sua dimora, in armonia con il Creato e con le donne e gli uomini che in quelle terre abitavano.
Il breve racconto che Gregorio di Tours ci trasmette della sua vita è a parer mio molto interessante perché vede un gioco tra due elementi architettonici, il cui simbolismo rimanda a due diversi insegnamenti, utili anche per la nostra vita spirituale.
Patroclo, che portava questo nome reso celebre dalla letteratura greca, era stato un giorno colto dal pensiero di “lasciare il deserto” dice il racconto. Possiamo vedere in questo tutti i nostri rifiuti a dimorare nella pace, le inquietudini che ci portano ad essere sempre insoddisfatti, le tristezze che ci procuriamo per il nostro continuo preoccuparci di voler occupare sempre più spazio. Ed ecco che su questo pensiero di fuga, che non lo fa dimorare nel qui e ora, interviene un messaggero divino, che gli propone un’immagine che diviene in qualche modo il simbolo di quello che Patroclo stesso sta vivendo: la colonna che si eleva sul mondo per conoscere tutto quello che succede.
Attraverso quest’immagine l’antico narratore ci dona un simbolo del nostro desiderio di controllo, finalizzato troppo spesso ad un vano innalzamento. Vogliamo conoscere, sapere, per poter giudicare, comportarci in modo da auto-affermarci. Questo pensiero, quest’innalzamento, simboleggiato dalla colonna lo porta a voler abbandonare la sua condizione, ad assecondare quell’inquietudine, che spesso tutto distrugge e nulla crea.
A quest’immagine della colonna il racconto ne fa però seguire un’altra, quella della tegola, che il monaco trova nel suo oratorio, ossia nella sua cappella di preghiera. Le tegole servono per coprire il tetto della casa, in qualche modo esse sono un riparo all’innalzamento, pongono un limite al nostro desiderio di affermarci. La tegola rimanda all’idea della tutela e della protezione; dimorando sotto un tetto si è al riparo della pioggia, si è custoditi dal freddo e dalle intemperie. Si rimane stabili in quel luogo che si è deciso di abitare, costruendo lì la nostra storia e da lì facendo sgorgare quel bene che può diffondersi attorno a noi…
Talvolta meditare su una tegola, può sembrare qualcosa di particolarmente stravagante, ma il racconto di Gregorio di Tours pare dirci quanto insegnamento e quanta saggezza ci sono in quei pezzi di coccio o di ardesia che formano i nostri tetti. Esse paiono una uguale all’altra, ma nello stare ferme al loro posto, senza lasciarsi portare via dai venti e dalle bufere, esse ci insegnano quella custodia necessaria che ci permette di dimorare, di costruire una casa accogliente capace di ricevere e di invitare il mondo.