Fratel Biagio
Storia di un giovane ricco che rinuncia a tutto… No, non siamo ad Assisi, siamo a Palermo. Quando i riflettori si accendono su di lui, non corre l’anno 1226 ma è il 12 gennaio 2023.
A Palermo è considerato la reincarnazione di San Francesco. Un’esagerazione forse! Eppure a 800 anni di distanza la sua storia sembra proprio ricalcare quella del poverello di Assisi.
Biagio Conte è figlio di una famiglia di imprenditori e da ragazzo passa le giornate tra griffe, macchine di lusso, belle donne e discoteche. Ha tutto, tranne una cosa: la stima di se stesso.
Lascia gli studi, e dà sfogo alla sua inquietudine attraverso l’arte. Ma il vuoto dentro rimane.
Gli ci vogliono 7 anni per capire. Poco più che ventenne esce dalla sua stanza, indossa un saio, una croce di legno e in compagnia di un cane randagio va sui monti. Eremita in mezzo ai boschi, passa il tempo nutrendosi di bacche e parlando con le pecore, con gli alberi, con il sole, la luna, le stelle… Cercando Dio.
I genitori ne perdono le tracce. Presi dalla disperazione si rivolgono a Chi l’ha visto. Biagio sorride alle telecamere e dice “Non preoccupatevi per me. Sono in cammino”. Infatti sta andando ad Assisi, a piedi nudi.
Ha finalmente capito cosa dà senso alla sua vita: condividere la povertà, che per lui vuol dire libertà interiore dalle cose. Sicuramente san Francesco è per lui un modello.
Nell’estate del 1991 ritorna a Palermo con l’idea di andare in missione in Africa. Palermo in quegli anni è sconvolta dalle stragi di Capaci e di Via d’Amelio. Una sera, passando davanti alla stazione, Biagio vede tante, troppe persone dormire all’addiaccio. Chiede l’elemosina per i suoi fratelli, compra sacco a pelo, scodelle, pane e li raggiunge. Non tornerà mai più indietro. Colpito dal profondo disagio sociale di migliaia di suoi concittadini, decide che Palermo sarà la sua Africa. Trascorre le giornate a preparare minestre calde per i senza tetto in un camper scassato, e trasforma un capannone della stazione in rifugio. Anche lui dorme lì, sdraiato per terra. Le sue gesta fanno il giro della città e scandalizzano i ben pensanti. Biagio si sposta con una branda davanti a un edificio comunale abbandonato da decenni. “Datelo ai poveri!” dice. Non lo ascoltano. Allora comincia uno sciopero della fame, 13 giorni, fino a che un prefetto cede, e Biagio trasforma quel posto, in cui non ci sono servizi (né acqua, né luce), in casa di chi non ha nulla, salvando la vita a centinaia di emarginati. Due papi si accorgono di lui. Papa Benedetto XVI lo riceve in Vaticano e papa Francesco va a pranzo da Biagio a Palermo in quella che è diventata la Missione di Speranza e Carità. Seduti con Biagio e con Francesco ci sono migranti, senzatetto, tossici, detenuti e decine di indigenti italiani. Il mondo di Biagio. La Missione di Speranza e Carità, nel corso degli anni, si allarga. Oggi le diverse sedi accolgono oltre mille persone a cui sono offerti tre pasti al giorno, assistenza medica e, all’occorrenza, vestiti puliti; chiunque bussa alla porta riceve ascolto e aiuto da una rete di volontari che si è creata intorno al fondatore.
Intanto per Biagio sono anni pieni di pellegrinaggi e di battaglie, per vincere la sordità e l’indifferenza delle istituzioni, additando un modello alternativo di società, dove la persona sia posta al centro di ogni decisione e dove la logica della solidarietà prevalga su quella della concorrenza. È questa visione – controcorrente – a fare di Biagio Conte un autentico rivoluzionario, nello spirito del vangelo. Sale addirittura a piedi fino a Bruxelles, per protestare contro la politica anti migranti.
Le sue gambe a poco a poco cedono. Quando capisce che non camminerà più si fa dare una sedia a rotelle e va a Lourdes su insistenza di alcuni fratelli: “O vieni anche tu o non andiamo”. Si trascina con delle stampelle fino alla piscina della grotta, vi si immerge e quando ne esce cammina sulle sue gambe.
Incurabile, però, sopraggiunge la malattia che giovedì scorso gli ha chiuso gli occhi per sempre. Aveva appena 59 anni. Evidentemente aveva viaggiato abbastanza. Adesso, Biagio, è tornata a casa.
Resta per noi la strada da lui tracciata, difficile perché diversa da quelle che siamo abituati a percorrere, ma che forse può aiutarci a colmare certi vuoti, a sanare certe contraddizioni, a ritrovare l’essenziale…
La notizia della sua morte ha avuto un’eco straordinaria, non affatto scontata di questi tempi. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, lo ha ricordato come «punto di riferimento – non soltanto a Palermo – per chi crede nei valori della solidarietà e della dignità della persona, (valori) che ha testimoniato concretamente, in maniera coinvolgente ed eroica» senz’altra pretesa che quella di essere “fratel Biagio”.
La sua storia è raccontata in maniera magistrale dal regista Pasquale Scimeca nel film “Biagio” (2004), dedicato al profilo spirituale e umano del missionario laico. Rai 1 lo ha trasmesso in seconda serata sabato 14 gennaio, a pochi giorni dalla scomparsa, per rendergli omaggio. Il film è ora disponibile su Rai Play.