Un legame indissolubile, essere l’una per l’altra
Due sorelle, due campionesse…, una famiglia in bici
Una famiglia in bici: passione, cuore e pedali. Potremmo partire così parlando di due genitori speciali, Lucio e Carmen, che hanno cominciato a seguire le prime pedalate delle loro figlie quando avevano solo sei anni e la bici era un gioco, da biciclettate la domenica fuori porta. La complicità genitori-figli, lo sport come educazione e poi arrivano i primi risultati, la vita prende la fuga, diventano grandi e poi… La loro è una di quelle belle storie da raccontare ma la potremmo anche chiamare favola e noi vogliamo proprio partire con c’era una volta… Asja e Soraya in bicicletta. E se poi ai nomi aggiungiamo il cognome Paladin avete già capito che stiamo parlando di due bambine che sono diventate due campionesse di successo. Le abbiamo seguite con passione tra Giro d’Italia, Mondiali, Tour de France, Olimpiadi, classiche e grandi giri internazionali. Due donne sui pedali, diventate grandi con sacrificio, impegno, passione, scalando salite e con la grinta forte, quella delle leonesse. Due professioniste del ciclismo italiano, sempre accomunate –anche quando correvano per squadre diverse – da un colore: l’essere sorelle, essere sempre l’una per l’altra.
Asja sappiamo che tu e Soraya avete un tatuaggio molto particolare sul polso. Tu hai tatuato il nome di tua sorella, lei il tuo. Ci racconti com’è nato e ci parli del significato?
Questo tatuaggio è stato il regalo dei miei 18 anni da parte di Soraya. Quando me l’ha detto non ci credevo, lei mi vuole un gran bene ma ha un carattere che fa fatica a esprimerlo e ogni volta che mi fa queste sorprese io rimango positivamente stupita e sono la persona più felice del mondo, quindi per questo assume un valore doppio. Da quel giorno ho avuto ancora più la certezza e la consapevolezza che Soraya sarà sempre con me, qualsiasi cosa accada e non mi abbandonerà mai. Ho sempre un punto di appoggio, di riferimento, che mi fa vivere la vita più tranquilla, perché so che lei c’è. Così io per lei.
Asja ci parli di Enough Cycling? Spiegaci che cos’è, sappiamo che ti diverti un sacco…
Enough Cycling è un collettivo nato nel 2020, con l’intento di trasmettere la passione per la bici. Lo chiamiamo collettivo – anche se in realtà siamo un team di dieci ragazzi – perché vogliamo che tutti si sentano parte di questa realtà e del nostro essere. Per noi una bici è abbastanza per essere felici, è abbastanza per uscire dalla quotidianità, è abbastanza per sentirsi liberi… e da qui nasce proprio il nostro nome: “enough”, infatti, significa “abbastanza”.
Mi diverto davvero tantissimo con loro e grazie a loro non ho mai perso la passione per la bici, ho scoperto il mondo avventuroso della Bici Gravel (adatta a coprire lunghe distanze anche su ghiaia e sterrato, ndr) e adesso la sto apprezzando e amando come non mai. Ho vissuto delle avventure che mi hanno fatta crescere e cambiare molto, soprattutto perché ho imparato ad apprezzare molto di più le piccole cose e a godermi molto di più la bellezza che ci offre questo mondo.
Asja che consiglio daresti ai giovanissimi che sognano la tua carriera e di diventare professionisti?
Ai giovanissimi direi di divertirsi il più possibile quando sono bambini e di non dimenticare il “gioco” quando diventa per loro un lavoro. Per mia esperienza, posso dire che se un bambino prende lo sport come uno svago, poi è molto più probabile che faccia carriera. Allo stesso modo, quando le cose si fanno serie, bisognerebbe sempre essere capaci di uscire dagli schemi delle tabelle di allenamento e ricordarsi che la bici è bella e andare in bici è bello, insomma ricordarsi come tutto è iniziato, da quella genuina passione-bambina… Non è facile quando si è presi nel vortice dell’agonismo. Io ora che ho smesso con l’agonismo, cerco sempre di far capire a Soraya, quando vorrebbe mollare tutto perché non ne può più di numeri, watt, frequenza, cardiaca, etc, che deve ricordarsi della bellezza di questo sport e dell’andare in bici, e solo così riuscirà a fare il salto di qualità, perché di testa sarà più forte.
Soraya il tuo sogno da bambina qual era? Hai sempre avuto chiaro che il tuo sport del cuore era il ciclismo o nel tuo percorso hai sperimentato altre discipline?
Da bambina mi sarebbe piaciuto diventare una sportiva, non necessariamente ciclista. Infatti ho praticato molti altri sport, nuoto, calcio, pallavolo. Quest’ultimo per parecchi anni e contemporaneamente al ciclismo. Ad un certo punto sono arrivata ad un bivio e ho scelto lo sport che mi divertiva di più. La domenica per me non era un giorno di gara ma un giorno di festa, mi ricordo che i genitori organizzavano sempre pic-nic e appena si scendeva dalla bici si stava tutti insieme e si passavano delle belle giornate in compagnia.
Tu e Asja, sorelle e gregarie anche quando correvate per team diversi. L’essere l’una per l’altra sempre. Il momento più bello ma anche il più difficile vissuto insieme?
Ogni volta che sapevo che Asja riusciva a raggiungere un buon piazzamento ero felicissima per lei, vederla andare forte sulla Zoncolan e alla Freccia vallone è stato sicuramente un bel momento perché sapevo quanta dedizione e passione mettesse negli allenamenti. Lei è quella più precisa tra le due e anche negli allenamenti e nella preparazione non sgarrava mai. I momenti più difficili sono stati le sue cadute, mentre sei in corsa e senti che tua sorella è caduta non sai mai la gravità della cosa e non vedi l’ora finisca la gara per accettarti stia bene e non sia nulla di grave.
Nel 2022 è partita la prima edizione del Tour de France Femmes e tu eri lì sugli Champs-Elysées, ci racconti le tue emozioni? Per il ciclismo femminile che cosa significa questa “prima volta delle donne”?
È stato bellissimo, tra l’altro erano presenti anche i miei genitori. Partire per il Tour dal centro di Parigi è davvero emozionante. Inoltre sapevo che in un certo senso stavamo scrivendo la storia del ciclismo femminile, l’attenzione mediatica che abbiamo raggiunto quella settimana sarà di aiuto alle generazioni future. Sono convinta che grazie ai passi che stiamo facendo in questi anni vedremo sempre più donne in bici, non solo agoniste ma appassionate che scopriranno e si innamoreranno di tutto ciò che questo mondo può offrire. Perché sì, noi in gara in sella alla bici facciamo tanta fatica, ma il ciclismo non è solo questo. È divertimento, viaggio, condivisione.
In un prossimo articolo scopriremo il punto di vista dei genitori sull’agonismo delle figlie.