Un viaggio dimensionale tra caos, anima e arte
Intervista a Silvia Canton
Quando si parla di arte visiva, il rischio è che le parole limitino la potenzialità espressiva che caratterizza alcune opere. È il caso di Silvia Canton, che forse è riduttivo considerare pittrice, dal momento che nelle sue opere troviamo il coinvolgimento di più sensi e dimensioni, con l’inserimento di frammenti di natura come ad esempio, su tutti, le cortecce di quercia ovvero il sughero. L’abbiamo intervistata per meglio comprendere la meraviglia di una professione che tanto offre, in termini di arricchimento, anche a chi guarda.
Buongiorno Silvia, nelle sue opere ricorre spesso l’elemento materico, con un’attenzione alla sostenibilità: può raccontarci se per lei arte e natura sono sempre state legate o ha avuto una sorta di illuminazione nel suo percorso?
Ho iniziato a lavorare sul riciclo e la sostenibilità alla fine del 2018. Fino ad allora, Ia pittura era “pura”, fatta di soli pigmenti e colori ad olio. La ricerca è stata dettata dall’esigenza di trovare un elemento nuovo che potesse completare il mio linguaggio pittorico conferendogli matericità. Si sarebbe dovuto trattare di un materiale originale, proveniente dalla Madre Terra, poiché da sempre la mia ricerca artistica ha preso spunto dagli elementi naturali. Così ho voluto sperimentare il sughero, una delle più sorprendenti e straordinarie risorse che la natura ci offre, ma non nella sua parte più pregiata, bensì in quella con la struttura più irregolare ed estremamente dura, il “sughero vergine”. Si tratta del sughero più impuro, commercialmente destinato ad essere macinato e trasformato in granulati tecnici per la bioedilizia e che necessita di almeno 25 anni prima di poter essere staccato dalla pianta con l’operazione di decortica. Meravigliose cortecce, grezze, nodose e preferibilmente ricoperte di vita vegetale. Scrigni di un mondo ricco di poesia e storia, che si presentano ai miei occhi di pittrice come muse ispiratrici. Ci tengo molto a sottolineare che tutta la ricerca è stata (e lo è tutt’ora) supportata da Amorim Cork Italia (leader mondiale del sughero), che ha creduto da subito nel mio lavoro. In ottobre 2021 l’intera collezione composta da una cinquantina di opere è stata esposta nella mia personale “InDivenire. La metamorfosi del sughero” a Palazzo Bomben (Treviso), che è stata curata dalla critica d’arte Alessandra Redaelli e con patrocinio della Fondazione Benetton Studi Ricerche.
Quale ritiene il più importante valore aggiunto nel visitare le sue esposizioni?
La conoscenza e la valorizzazione di un elemento naturale, il sughero vergine. Un materiale preziosissimo, totalmente riciclabile e dai molteplici utilizzi, che viene trasformato in graniglia di diverso spessore per l’utilizzo nel settore della bio-edilizia con una procedura in cui va a perdere però completamente la sua sembianza. Ho voluto trasformare questo materiale nell’anima stessa di tutte le mie ultime tele, ridandogli nobiltà e pregio, riportandolo ad essere un’opera d’arte, proprio come la natura l’aveva creato in origine. Inoltre, aggiungo, la possibilità di conoscere un linguaggio artistico nuovo, che non era ancora presente nel panorama italiano dell’arte contemporanea nella modalità in cui il sughero è stato trattato e in cui sono celate riflessioni che parlano di vita e di rinascita.
Quale messaggio universale racchiude nelle sue opere e quali sono invece i “filoni tematici” a lei più cari?
I miei soggetti racchiudono molti messaggi che diventano spunto per riflessioni sulla vita, la rinascita, la forza nel poter superare ed affrontare il caos di un presente in cui spesso non si trova collocazione. Così, un pezzo di sughero può diventare una magnifica ala di colomba pronta a volare libera oltre il limite della cornice della tela. Un trittico che ricorda un pesce viene tinto di rosso cadmio e intitolato “Mattanza”, in un significato che va oltre l’atto cruento dell’uccisione del pesce, ma si fa portavoce di una critica nei confronti della guerra e di tutte le violenze causate per mano dell’uomo. Poi c’è il tema ambientale, che mi sta molto a cuore, con Vaia ed Acqua Granda, opere che vogliono mantenere viva la memoria sull’argomento del drastico cambiamento climatico in atto e che mi sta dando spunti per sviluppare nuovi progetti.
Negli anni ha raggiunto una visibilità nazionale, se non oltre. Come gestisce questo traguardo con la quotidianità e con l’introspezione che è alla base dell’ispirazione?
La ricerca di un artista è infinita e richiede una dedizione totale. La sfida deve essere una costante per il raggiungimento di nuovi obiettivi. Essere scelta e supportata come artista da una multinazionale apprezzata a livello mondiale è un grande riconoscimento che mi ha permesso di crescere professionalmente, di sperimentare e di far conoscere il mio lavoro in scala più ampia. Sapere che il mio operato è apprezzato mi rende più sicura nell’affrontare nuove sfide e più coraggiosa nel proporre novità e sperimentazioni. L’introspezione è e sarà sempre il nutrimento principale su cui si baserà il mio lavoro, perché senza anima non esiste l’arte e non ci sarebbe per me motivo di continuare a perseguire questa strada.
Dove possiamo trovare esposte le sue opere in questo periodo e quali sono i progetti futuri?
Da maggio del 2022 espongo le mie opere nel mio nuovo spazio /atelier dentro alle mura di Castelfranco Veneto. Dal primo febbraio di quest’anno ho iniziato una collaborazione con la cantina pluripremiata Col Vetoraz di Valdobbiadene, presso la cui Sala Accoglienza sto esponendo alcune opere facenti parte della collezione “InDivenire. La metamorfosi del sughero”. Tra i progetti, inoltre, ho in vista la realizzazione di una bottiglia gigante in un evento intitolato “Bottiglia d’artista”, organizzato dal Consorzio Vino Chianti Classico, che verrà esposta in un borgo toscano nel periodo estivo, commissionatami da Amorim Cork Italia. Infine, partecipo a un progetto molto articolato di sensibilità ambientale relativo al cambiamento climatico in atto, in programma per questo autunno, ma di cui non posso entrare nello specifico perché non ancora definito e ufficiale, posso solo dire che non mancherà la sperimentazione.
Di sicuro le occasioni per lasciarsi affascinare dalle opere di Silvia Canton non mancano. Grazie all’artista per la disponibilità e per il suo appassionato (e appassionante) lavoro, portatore di messaggi capaci di rendere migliore, arricchente e rispettoso, il modo di approcciarci al mondo.