Impresa: quale profitto?
Verso nuovi modelli di business, per rigenerare persone e pianeta.
Giovani e imprenditoria. Manuel Campardo (classe 1989) incarna questo binomio. Nel 2013 si laurea alla IULM di Milano e nel 2014 apre Rational Feelings Pr & Marketing a Conegliano (TV). Un passaggio veloce, da studente a imprenditore. Un salto nel vuoto con la fiducia e la grinta che lo contraddistinguono. E quello che poteva sembrare un azzardo, negli anni, è passato al vaglio di tante prove e si è consolidato. Oggi è solida realtà, con una visione strategica ben definita.
- Manuel, raccontaci com’è iniziata questa tua avventura imprenditoriale?
La mia prima esperienza lavorativa in area marketing risale ai tempi dell’università: entrai in una nota azienda del made in Italy e scoprì che quello che non mi piaceva, in termini di cultura manageriale e organizzazione su vari livelli. Nel frattempo continuavo a studiare, ma vivevo un momento di crisi. Se non che, proprio durante quell’esperienza, conobbi un’agenzia di comunicazione, che affiancava proprio quell’azienda in cui mi trovavo, e al primo contatto intuii quello che avrei voluto fare per lavoro. Instaurai con il presidente di quell’agenzia un rapporto amicale che dura tuttora: mi fece da tutor, per la creazione di un mio business plan. Un anno dopo mi chiamarono per uno stage in un’azienda. Io avevo il mio business plan pronto e gli proposi per lo stesso budget un contratto da agenzia, e quello è stato l’inizio di Rational Feelings con un cliente con il quale collaboriamo tuttora.
- Cos’è per te il talento?
Potrei definirlo come quella capacità che uno ha di mettere le proprie passioni e competenze al lavoro per risolvere problemi e ottenere risultati in maniera efficace e anche con un certo grado di personalità e di originalità.
- So che dietro c’è un certo background: da un lato tutto l’universo valoriale cristiano-cattolico, dall’altro lo sconfinato campo delle scienze umane. Allora ti chiedo:
- la fede come ti orienta? Se andiamo oltre una concezione rigidamente dogmatica, nei valori di fede ci sono delle eccezionali indicazioni a livello di bussola morale, tant’è che il moderno concetto di economia civile o circolare è stato per la prima volta codificato dai frati benedettini. Ci sono tantissimi input interessanti e validi che fanno tutt’uno con quelli che sono valori umani universalmente condivisibili: rispetto, messa a frutto dei talenti, amore per il prossimo, etc. Personalmente traggo molta forza da questo ambito.
- dal nome della tua azienda intuisco che l’aver approfondito le dinamiche dell’intelligenza emotiva ti ha segnato; come applichi l’IE al tuo lavoro di manager? Un buon manager, essendo chiamato a gestire processi che coinvolgono altre persone, non può prescindere dalle variabili dell’intelligenza emotiva. E qui si apre un mondo, relativo alla motivazione, all’efficientamento dei processi, alla valorizzazione delle risorse… Questa sensibilità in Rational Feelings c’è: in fase di inserimento affrontiamo un’attività di formazione in cui vengono presentati degli spunti di IE proprio per coinvolgere le persone in quello che è tutto il processo di creazione del valore.
- Papa Francesco, con l’iniziativa “Economy of Francesco”, ha chiamato a raccolta giovani economisti da tutto il mondo per discutere di un’economia diversa, “che fa vivere e non uccide, che include e non esclude, che umanizza e non disumanizza, che ha cura del creato e non lo depreda”. Che ne pensi?
Non si tratta di una economia diversa ma dell’unico tipo di economia possibile, perché sostenibile. Una crescita, per essere definibile come tale, deve essere sostenibile, altrimenti è predatoria e destinata a fermarsi a un certo punto. Gli attuali modelli economici hanno riscontrato dei limiti, che non è facile superare per vari motivi: 1) ci vuole coraggio per cambiare, 2) bisogna investire in formazione e sviluppo, 3) non tutti hanno interesse ad investire ulteriori risorse per avere un profitto sostenibile quando hanno già un profitto di per sé. Quella indicata dal papa è sicuramente una direzione da prendere, perché, se si esauriscono le risorse di un sistema, ci van di mezzo tutti.
- Ci può essere etica nel business? Quand’è che il profitto è buono?
Certo che sì. Un imprenditore, secondo me, deve creare ricchezza per un sistema, non per sé, se no non è un imprenditore, ma è un pirata. Se crea ricchezza per un sistema e non a discapito di altre persone è chiaro che migliora la condizione del sistema stesso, quindi il profitto è buono e il business è portato avanti in modo etico.
- Attuare opere di carità nell’economia di mercato concorrenziale, utopia o reale opportunità?
La riflessione sulla meritocrazia che ultimamente ha preso piede nel nostro Paese è una fallacia argomentativa, perché c’è una forte disparità sociale. È ovvio che se un ragazzo ha accesso a istituti di istruzione migliori e possibilità di fare esperienza all’estero arriverà a livelli superiori, ma perché parte da condizioni di partenza avvantaggiate; viceversa chi parte in condizione di svantaggio non può esprimere il proprio potenziale, proprio perché in partenza svantaggiato. C’è anche chi parte da condizioni di svantaggio e riesce comunque ad avere risultati faticando il triplo. Come Ke Huy Quan, l’attore vietnamita che in questi giorni ha vinto il Premio Oscar come Miglior attore non protagonista nel film “Everything everywhere all at once”. Nel suo discorso, commosso, ha ricordato come tutto è cominciato: su un barcone e in un campo profughi per un anno. Quello che dovrebbe fare un sistema che funziona è garantire determinate condizioni base di partenza per poter sbloccare il potenziale che altrimenti resterebbe inespresso. Quindi, sì, è un’opportunità cercare di sostenere chi non ce la fa e garantire condizioni di partenza ideali. Un sistema è civilizzato nella misura in cui tutela gli ultimi, non nella misura in cui manda avanti solo i più forti o chi ha le disponibilità.
- Se questo è l’obiettivo, quali sono gli strumenti più efficaci per raggiungerlo?
Sicuramente si deve partire dalla tutela del nucleo familiare, passando poi per la sfera educativa. Parimenti bisognerebbe fare un’operazione di pedagogia educativa anche alla generazione dei baby boomer perché sono cinque volte i millenial; tutto il sistema ci guadagna se si affrontano queste tematiche.
- Direi che RF come società benefit s’impegna proprio a far questo.
Assolutamente sì. Noi siamo sempre stati attivi nella formazione dei giovani e adesso abbiamo deciso di istituzionalizzare questo impegno da statuto su determinati assi, per creare valore a livello sociale. Abbiamo voluto farlo anche per cominciare un po’ a differenziarci su un mercato che, purtroppo, è popolato da realtà che non hanno questo tipo di sensibilità per la collettività e per le risorse umane. Quindi abbiamo deciso di farlo in primis perché informalmente l’abbiamo sempre fatto, in secondo luogo perché ci crediamo, per diventare motore sociale, educare il mercato e far capire che ci sono player e player.
- In un mondo segnato da tanti problemi, spesso è difficile far breccia nel muro della rassegnazione e dello scetticismo. Dacci una chiave, la tua: come si può diventare creativi in tempi di prova?
È esattamente nei tempi di prova che si può diventare creativi, perché è quando ci sono i problemi che si possono ipotizzare soluzioni e uscire da certi paradigmi. Fermarsi, fare qualche respiro, circondarsi di persone con cui si sta bene, magari davanti a una birretta, fare un po’ di brainstorming… è esattamente quello il momento giusto! Rassegnazione e scetticismo si hanno nel momento in cui non si percepiscono potenziali soluzioni, quindi forse in questo caso una contaminazione positiva di prospettive serve. Noi vogliamo far capire alle persone che si possono fare determinate cose anche se a uno stato iniziale non si concepiscono come possibili e, di conseguenza, non si considerano nemmeno. Prendi ad esempio noi, che abbiamo aperto un’agenzia con 100 euro senza sponsor, senza conoscenze, senza amici politici e senza essere i primi della classe. Se ce l’abbiamo fatta noi, ce la può fare chiunque!