Fare spazio all’altro
Perché è così difficile ascoltare?
Resta l’amaro in bocca quando confidiamo un problema a qualcuno e non riceviamo l’ascolto desiderato: decidiamo di aprirci, raccontare una difficoltà o condividere un dubbio e dall’altra parte registriamo comportamenti come questi:
- veniamo interrotti prima di aver finito, oppure la persona anticipa la conclusione del nostro discorso (quasi sempre sbagliando) e sembra voler tagliare corto;
- siamo subissati di domande che non ci sono d’aiuto perché servono soltanto a soddisfare la curiosità di chi le pone;
- veniamo sommersi di consigli, spesso introdotti da forme verbali come “devi” o “dovresti”;
- l’altro freme in attesa del proprio turno, poi racconta una situazione analoga spostando l’attenzione su di sé (e magari finisce che siamo noi a dare ascolto a lui …);
- ci viene attribuita la responsabilità della situazione di cui soffriamo (“sei tu che sbagli”, “è colpa tua se”);
- il nostro problema viene sminuito o deriso con frasi come “vabbè dai, cosa vuoi che sia”, “non saranno mica problemi questi”, ecc.;
- l’interlocutore si distrae (si guarda le unghie, la punta delle scarpe, il cellulare) ma ogni tanto recupera il contatto oculare ed emette qualche suono gutturale per confermarci l’attenzione che non ci sta dando (“m-mm”, “a-ah”, …).
L’elenco potrebbe continuare (se lo trovate divertente, richiamate alla memoria qualche episodio personale), ma al di là degli aspetti tragicomici del fenomeno la domanda che possiamo porci è la seguente: perché è così difficile ascoltare?
La risposta in una semplice metafora: se un vaso è troppo pieno non può ricevere altro liquido.
Cioè: per ascoltare gli altri bisogna fare spazio, trovare il tempo e svuotarci del nostro rumore interiore (pensieri, preoccupazioni, fretta, cosa da fare…). Una rara condizione la cui assenza determina una serie di reazioni di cui spesso non siamo consapevoli.
Ascoltare i problemi degli altri non è gradevole, figuriamoci se siamo già presi da nostri. È per questo che ricorriamo a consigli, soluzioni e interruzioni: non lo facciamo per aiutare chi ci parla, ma per togliere a noi stessi un fastidio (ma naturalmente ci raccontiamo una versione ben diversa, ovvero che stiamo prestando aiuto…).
Non è cattiveria, si tratta solo di un limite umano. Che però, come ogni limite, si può superare: chiunque può imparare l’arte dell’ascolto, e infatti alla Scuola di Counselling Situazionale abbiamo degli esercizi pratici molto efficaci in proposito; all’inizio alcuni sembrano fatiche da “sport estremi” (per qualcuno anche restare semplicemente in silenzio è una tortura…) ma con la pratica si diventa consapevoli e padroni delle proprie reazioni e si impara a garantire all’altro un’attenzione sincera e non giudicante.
Una volta acquisita, questa competenza garantisce maggiore benessere non solo a chi riceve l’ascolto, ma pure a chi lo pratica, ed entrambe le parti possono sperimentare, anziché l’amaro in bocca, il dolce sapore di un ascolto autentico ed efficace.
Dott. Marco Napoletano
(Direttore Scuola di Counselling di Conegliano)